Virtual Tour Guida per la visita (IT) Visit Guide (EN)
CENNI STORICI
La chiesa è stata costruita a partire dal 1678, quando la comunità di Gandosso, fino ad allora legata al paese e alla chiesa plebana di Calepio a cui la collega tuttora un antico sentiero collinare, divenne parrocchia autonoma. Prima c'era un'altra chiesa, ricostruita e ampliata almeno due volte, di cui si sono trovati i muri di fondazioni durante gli scavi per la realizzazione del vespaio. A una fase di ampliamento di questa prima chiesa appartengono il portale laterale in pietra arenaria e ciò che resta dell'antico portale principale, ora murato accanto al campanile, con incisa la data 1665. Il progetto architettonico, tradizionalmente attribuito ai Fantoni di Rovetta, è più verosimilmente legato alla famiglia artistica dei Caniana, di cui riprende proporzioni e soluzioni architettoniche (cfr. le chiese di Borgo Santa Caterina, Valtesse, Serina, Scanzo). Non ci sono tuttavia finora notizie certe circa questa attribuzione. Nel 1739 era ormai completata la decorazione a stucco degli interni ad opera dello stuccatore di Montagnola (Ticino) Eugenio Camuzio, che ha lasciato data e firma incise sullo stucco fresco di un capitello. Alla stessa epoca risalgono gli affreschi e tutti i dipinti ad olio su tela esposti nella chiesa. Due di essi, gli unici firmati dal pittore Gerolamo Castelli portano la data 1769 e 1771. I colori azzurri, piuttosto particolari, sono quelli originali dell'edificio, e sono stati recuperati durante i lavori di restauro a partire dalle numerose tracce presenti qua e là, e hanno sostituito i colori a predominante verde-grigia che la chiesa aveva assunto nei lavori di ritinteggiatura del 1939. Sono verosimilmente legati al titolo mariano della chiesa. Anche le dorature, eseguite a foglia d'oro zecchino, sono per lo più originali.
ALTARE DEL SUFFRAGIO
Attualmente occupato dalla vasca battesimale, possedeva fino al 1900 un altare parte in mattoni e parte in legno di scarsissima qualità, fatto rimuovere dal Vescovo Bernareggi a seguito di una sua visita pastorale. All'antico titolo è legato il settecentesco dipinto del suffragio in cui Maria intercede presso Cristo perché le anime dei defunti siano liberate dalla loro pena e accolte in paradiso dal Padre. Il teschio al culmine del timpano in finto marmo di gusto neoclassico riprende il tema. Durante il restauro sono state rinvenute labili tracce di tre medaglioni che decoravano la volta di questa cappella, segno che l'altare ha subìto nel tempo almeno un rifacimento. La sei/settecentesca vasca battesimale è protetta da un coprifonte in legno di noce e radica, realizzato nel 1740 circa dagli scultori Ignazio e Giancarlo Hillepront, di cui esistono altre opere stilisticamente simili a Zandobbio, Gorlago, Casnigo e Gandino.
ALTARE DELLE RELIQUIE
Caratteristica di questo altare è la settecentesca custodia delle reliquie in legno intagliato, dipinto e dorato, attribuita a Giovanni Bettino Fantoni, fratello del più celebre Andrea. Al suo interno contiene quattro urne di legno dorato, due del 1600 e due del 1700, con frammenti di ossa e indumenti di martiri e santi. I temi scolpiti (palma e corona del martirio, spada, cuore fiammeggiante) sottolineano visivamente il tema del martirio. Lo scomparto centrale racchiude un reliquario d'argento con il legno della Croce. La seicentesca pala di questo altare, il quadro dal sapore più "popolare" e ingenuo presente nella chiesa, ma tuttavia gustoso nella sua realizzazione, raffigura Cristo crocifisso con accanto santi altrettanto popolari tra la gente: da sinistra san Sebastiano trafitto dalle frecce, sant'Antonio di Padova, san Rocco con una gamba piagata e l'immancabile cane che gli porta il cibo. La parte bassa dell'altare è realizzata con marmi locali ormai quasi introvabili (breccia chiara, volpinite), mentre la parte alta è in stucco lucido dipinto a imitazione del marmo. La realizzazione all'inizio del 1900 dell'urna per la statua in gesso di san Luigi Gonzaga ha provocato la distruzione di uno dei tre affreschi che decoravano la cappella.
ALTARE DELLA MADONNA DEL ROSARIO
È decorato con stucchi e medaglioni affrescati che rappresentano i quindici misteri del rosario. La statua al centro dell'altare è una Madonna con Bambino vestita della metà del 1700, scolpita solo nelle parti visibili e poi ricoperta con un abito. Quello che indossa attualmente è di fattura recente; ne possiede altri due di metà e fine settecento, custoditi nella sagrestia. Anche la cornice in legno scolpito e dorato risale alla stessa epoca. La mensa dell'altare custodisce sculture e bassorilievi attribuiti ad Andrea Fantoni: al centro Maria Immacolata calpesta il drago-male, a sinistra è rappresentata la nascita di Cristo, a destra la fuga in Egitto. Due statuette di marmo (con tutta probabilità san Giuseppe a sinistra e san Sebastiano a destra) completano la decorazione. Interessante l'intreccio degli stucchi appena sopra la nicchia della statua: compone una A (ave) e una M (Maria) sovrapposte. È un tipico "gioco" barocco, voluto per sottolineare la dedicazione dell'altare.
ALTARE DEL CROCIFISSO
Prende nome dal crocifisso di legno intagliato e dipinto contenuto nella nicchia centrale. Anche questo crocifisso, recentemente riportato alle sue tinte originarie, risale al 1700; non se ne conosce lo scultore e viene portato in processione in occasioni straordinarie (l'ultima volta al termine della guerra). L'altare è un "misto" di epoche e materiali diversi. La parte alta è realizzata con una tecnica molto particolare e costosa con cui si mescolavano alla calce polveri e sostanze coloranti che poi venivano stese a imitare il marmo (le diverse tonalità non sono colorate ma impastate). La parte bassa è in marmo intarsiato, la mensa dell'altare infine in legno dipinto e dorato. Quest'ultima è una cassa novecentesca che ha sostituito la precedente mensa di marmo (di cui si conserva una foto) e contiene una statua del Cristo morto di metà '900 scolpita in Trentina. Un'altra piccola statua del Cristo morto di fattura popolare e di difficile datazione è custodita in sagrestia in attesa di restauro. Anche sulla volta di questa cappella, al di sopra dei due angioletti che reggono flagello e calice, sono state trovate tracce di tre medaglioni sagomati, mai realizzati oppure rimossi in seguito per dare alla cappella il suo attuale gusto neoclassico.
PULPITO
Tra i due ultimi altari c'è il pulpito di legno intarsiato. Dalle linee e dal gusto semplice è tuttavia un'opera raffinata di metà settecento, realizzata in noce, palissandro, ulivo ed altre essenze. I paesaggi sono realizzati a intarsio (in basso una raffigurazione fantasiosa di Gerusalemme, in alto il Golgota) e la raffinatezza delle parti intagliate: capitelli e ghirlande. Le quattro statuette degli evangelisti hanno sostituito negli anni sessanta opere simili attribuite ai Fantoni, di cui si sono purtroppo perse le tracce.
ALTARE MAGGIORE
L'altare maggiore spicca per la leggerezza e la freschezza delle sue decorazioni, per la morbidezza delle volute di marmo, per l'armonia delle sue proporzioni. I tre medaglioni di lapislazzuli (in realtà una pietra dura molto simile) ripropongono in piccolo il blu delle decorazioni della chiesa. A centro della mensa l'agnello scolpito; sul tabernacolo, piccola chiesa nella chiesa, angioletti che probabilmente reggevano un tempo simboli della passione. In archivio si conserva copia di una lettera in cui il parroco di allora ne sollecitava la spedizione da parte dei Fantoni. Il Cristo risorto che corona la struttura è un'opera lignea novecentesca di scarso valore; la statuetta originale molto rovinata, è conservata in sagrestia.
GLI AFFRESCHI DELLA VOLTA
Rappresentano a partire dal fondo della chiesa: Abramo che offre in sacrificio il figlio Isacco (nel vangelo di Matteo la genealogia di Gesù risale fino ad Abramo); la nascita di Maria; l'allegoria di giustizia (con la bilancia al fianco) e pace (i rami di ulivo) che si incoronano; lo sposalizio della Vergine; Giaele che uccide Sisara (episodio dell'Antico Testamento riletto come simbolo mariano: come Giaele ha ucciso il generale nemico Sisara così Maria ha sconfitto il male).
GLI AFFRESCHI DELLA CUPOLA SOPRA L'ALTARE
Al centro è rappresentata l'Assunzione di Maria in Cielo, preludio alla sua incoronazione. Il Padre nella parte alta dell'affresco offre la corona, il gesto è sottolineato dalla scritta suddivisa nei quattro cartigli ai quattro lati della cornice della cupola: veni electa mea coronaberis (vieni mia eletta, ti coronerò). I due personaggi alle estremità del gruppo che guarda la Vergine, un uomo a destra e una donna a sinistra, sono probabilmente i ritratti dei committenti dell' affresco. Nei pennacchi, i quattro angoli di raccordo della cupola con i muri sottostanti, l'allegoria di quattro virtù. Alla destra guardando l'altare la fede (rappresentata come una dama settecentesca con armatura e custodia che regge in alto una colomba), poi in senso orario la speranza (si notano poco le ali ai piedi che lo contraddistinguono), l'umiltà (a testa bassa, vestita di viola e cinta con una corda, calpesta corona e scettro) e infine la carità (rifatta nell 'ultimo restauro a partire dagli scarsissimi resti del precedente affresco perso a causa delle infiltrazioni d'acqua). Sul fondo dell'abside, sopra il quadro dell' Annunciazione, un crocifisso dipinto a fine 1800 dal pittore-decoratore Alessandro Ramazzotti ha sostituito l'originaria finestra, chiusa in quegli anni.
I DIPINTI A OLIO SU TELA NELLE CORNICI
Sopra la porta centrale troviamo la "presentazione di Gesù al Tempio", opera del pittore settecentesco G.B. Carobbio, del quale è conservata in archivio una ricevuta di pagamento. Proseguendo in senso orario la "decapitazione di Giovanni il Battista", dello stesso autore e di cui esiste un dipinto simile nella chiesa di Telgate. Sopra il pulpito la "flagellazione di Gesù". Sull'altare: una grande tela attribuita per alcuni particolari all'ambiente settecentesco veronese rappresenta "Gesù che predica dalla barca". Un tema piuttosto insolito che ha dato al pittore l'occasione per rappresentare un variegato gruppo di persone in costumi orientaleggianti; nota il paggio di colore che guarda allo spettatore coinvolgendolo nella scena. Una curiosità legata a questo quadro: sopra la testa di Gesù, coperta dal mare, si notano i resti di un precedente volto scomparso, verso il quale guardano ancora le persone. Come rilevato dalle radiografie a cui è stato sottoposto il quadro durante il restauro, in origine Gesù era rappresentato in piedi sulla barca. Lo stesso pittore ne ha poi modificato la posizione, cancellando altri particolari (barchette, e un piccolo porto). Il quadro successivo, posto nella parte a sinistra dell'abside, dietro l'altare rappresenta il "sogno di Giuseppe": un angelo avvisa in sogno Giuseppe di fuggire da Erode con Maria e il Bambino. Al centro il dipinto dell' Annunciazione" a cui è dedicata la chiesa, alla sua destra l"'adorazione dei pastori". Quest'ultimo dipinto è opera di Gerolamo Castelli, attivo nel territorio di Trescore e in Val Calepio, che lo ha realizzato nel 1771. Dello stesso autore è pure la lavanda dei piedi, realizzata nel 1769 e copia di un quadro del Balestra, di tutt'altra dimensione e respiro, presente nella chiesa parrocchiale di Trescore. Sopra la porta laterale (popolarmente chiamata "porta degli uomini" perché un tempo ad essi riservata) è rappresentata "Maria Immacolata"; Dio Padre con grande delicatezza sta ponendo attorno al capo di Maria l'ultima delle dodici stelle; l'iconografia è quella della Donna dell'Apocalisse, coronata di stelle che sconfigge il drago/serpente calpestandolo; il quadro è la rielaborazione pittorica di un'incisione del messale romano, tratta a sua volta da un quadro di Pietro da Cortona. L'ultimo quadro rappresenta il "martirio di san Bartolomeo" attribuito anche in questo caso al pittore Carobbio: la crudeltà della scena è mitigata dall'autore che ne ha attenuato i particolari lasciando solo intravedere i muscoli del braccio sinistro del santo scorticato dal soldato.
LE CANTORIE
Uno sguardo lo meritano anche le due cantorie settecentesche simmetriche poste di scorcio tra la navata e il presbiterio. Una racchiude l'organo realizzato dal celebre organaro Francesco Bossi e dai figli Giovanni e Angelo nel 1812, recuperando circa 200 canne di un precedente strumento settecentesco degli organari Cadei di Paratico. Composto da 870 canne di metallo e 34 canne di legno, conserva 29 campanelli di bronzo e la banda turca (tamburo, piatti e sistro) originali. L'altra cantoria era un tempo destinata a un secondo gruppo di cantori. La cornice destinata ad accogliere un quadro (mai collocato) dietro la cantoria destra, tradisce la sua origine successiva rispetto all'altra. Le due cantorie apparentemente identiche hanno invece moltissimi dettagli diversi. I due quadri ad olio su tavola dei terrazzi rappresentano rispettivamente Davide che calma il re Saul suonando la cetra e le danzatrici ebree che raggiungono Gerusalemme annunciando la vittoria di Israele. I temi legati alla musica e alla danza sono stati scelti ovviamente in funzione della posizione di questi dipinti. Le cantorie sono in legno, dipinto a finto marmo. Fino al recente restauro molti particolari del finto marmo erano spariti dietro una pesante e monotona tinta grigio-marrone.
LE SAGRESTIE
Sono gli ambienti più antichi della chiesa attuale, probabilmente i locali annessi al precedente edificio. Lo si intuisce dalla scala "mozzata" che un tempo scendeva fino a terra e saliva ai locali superiori e che oggi si ferma invece al terrazzo della cantoria, e dalla porta tamponata che entrando si trova a sinistra: quella porta, ritrovata anche sul lato opposto all'interno della chiesa, collegava originariamente la sagrestia alla vecchia chiesa, davanti ai gradini del presbiterio che era quindi più arretrato rispetto a quello odierno. Nella sagrestia al centro di un medaglione, è rappresentato "Abramo che accoglie i tre angeli"; anche i medaglioni laterali riscoperti durante i lavori di restauro rappresentano scene dell'antico testamento, sono riconoscibili sulla parete sopra il mobile il "Sacrificio di Isacco" e la "scala di Giacobbe". Gli altri sono di più difficile lettura. Anche i due grandi armadi per la custodia di arredi e paramenti, in radica e legno di noce marezzato, sono settecenteschi.